Storia di Anders

Anders era a casa. Da mesi scriveva un libro che lo incalzava al punto da dimenticarsi di dormire. Millecinquecento pagine fitte fitte. Una storia di crociati, nuovi crociati del terzo millennio. Mischiava fatti reali con leggende, documenti di archeologia con fantascienza. Gli piaceva. Di più, lo amava. Il libro si sarebbe intitolato 2083. Ma non riusciva a trovare una conclusione soddisfacente. Si tolse i tappi dalle orecchie che usava sempre quando scriveva e li mise dentro una scatolina di latta. Guardò il coperchio. L’Amande, forse conteneva delle caramelle, pensò. O un piccolo sapone. La mise in tasca.

Era giorno. L’auto con il nitrato di ammonio stava parcheggiata di fronte a casa sua. Anders era già sull’uscio di casa quando si accorse che mancavano i proiettili nel suo calibro 20, un fucile che usava per sparare agli uccelli del bosco di fronte alla sua fattoria. Pesa troppo poco, disse. Rientrò in casa e prese un paio di scatole di scorta che infilò nelle grandi tasche dei pantaloni.

Guidò fino alla capitale. Oggi il suo libro poteva aspettare. Parcheggiò di fronte al Parlamento. Fece scattare il timer della bomba e se ne andò.

La deflagrazione non la sentì. Anders era già al porto, diretto con una barchetta all’isola di Utoya, a pochi chilometri dalla costa.

L’acqua era calma e Martin si chiedeva come facevano i grandi scrittori a finire i romanzi. Perché? Passi mesi – se non anni! – a coltivare una storia, a metterci dentro parti della tua vita, della tua pelle se serve. E poi basta. Scrivi le ultime righe. Metti un punto. Ma come ha fatto J.R.R. Tolkien a finire il Signore degli Anelli? Io proprio non ce la faccio.

Anche per questo forse, Martin cercava un motivo, una nuova scusa per continuare a scrivere. Una nuova storia.

La barca attraccò al porto dell’isola. Un centinaio di giovani stava assiepata di fronte a piccoli schermi per sentire le notizie della bomba esplosa di fronte al Parlamento. Le mani a coprire la bocca. Erano giovani del partito, affiliati alla maggioranza al governo. Ma soprattutto erano ragazzi in tenda in un weekend d’estate. Le birre, il barbecue. E ora la paura.

State tranquilli, disse Anders. Si avvicinò con la sua divisa da poliziotto. State tranquilli, ripetè. I giovani, tutti sui vent’anni, tirarono un sospiro di sollievo. Qualcuno si avvicinò per chiedergli che cos’era successo. Anders mise una mano in tasca e tirò fuori la scatola di latta L’Amande. La aprì, prese i tappi e se li infilò nelle orecchie, chiuse la scatola e la ripose nella tasca del giubbotto antiproiettile. Guardò il mare e i boschi dell’isola. La Norvegia è bella, disse, è bella. Caricò il fucile e fece fuoco.