Radio Bullets > Così nasce il Jazz

La memoria è un racconto e come ogni racconto si sviluppa nel tempo per garantire la sicurezza della sua incoerenza.

Ascolta La storia della tua mappa – Un bambino, una cornetta, un pistone rotto. Così nasce il Jazz” su Spreaker.

A New Orleans il giorno è appiccicoso, un battello fa girare la sua ruota rossa su un Mississipi così stranamente denso. Un bambino è fermo di fronte ad un carretto a fissare un pezzo di latta luccicante. Si guarda attorno e con una mossa felina lo prende e scappa.

Ogni storia cambia, si trasforma, non è mai fissa, diventa ogni volta memoria. Ma quando vogliamo registrare, archiviare, documentare, allora il racconto perde la sua essenza, si ghiaccia, si ferma.
La prima incisione di musica jazz è datata 1917. A NY la Original Dixieland Jass Band, jass con due esse come si scriveva e si chiamava all’inizio, registra un brano che ottiene un notevole successo anche di pubblico, soprattutto di bianchi e soprattutto nella grande mela.

L’orchestra era giunta da New Orleans, molto probabilmebte da Storyville, luogo che viene definito la culla del jazz. New Orleans è forse una delle città ancora oggi meno statunitense di tutti gli stati uniti, dove mangi qualsiasi tipo di cucina partendo dalla creola, dove passeggi nel quartiere francese e in fila trovi locali di musica dal vivo, uno dopo l’altro, tutti i giorni, dal rap al metal al rock al jazz. dove ad un un incrocio ho visto una ragazza cantare lirica, vestita da cantante di opera, nella notte calda di metà ottobre, con un capannello di persone in tshirt che languiva ascoltando la sua voce. dove nelle case sono appese bamboline voodoo. dove se esci di pochi chilomteri ti ritrovi in un quartiere di inizi ottocento con le villette color pastello e sulle verande ragazzi con i capelli lunghi fumano e si dondolano nelle rocking chair.

E arrivare a NY nel 1917 per incidere un album di jazz, il primo album jazz della storia, significa essere i re del jazz? Forse no. Forse si trattava semplicemente di suonatori di marching brass band, le fanfare marcianti. Forse erano addirittura strumentisti grossolani che suonavano ragtime. Perché chi suonava ragtime era qualcuno che si doveva inventare qualcosa oltre al solito blues, e ci dava una botta di anidride carbonica. E chi faceva blues era uno che aveva colto dalle folk songs degli schiavi afroamericani. E chi cantava i cries afroamericani eccetera eccetera.

Prima dei documenti esisteva soltanto la memoria. E la memoria è un racconto. E come ogni racconto cambia un po’, si sviluppa nel tempo, viene reinterpretato, camuffato, rimpicciolito o ingigantito, ma è questo il suo valore, la sua continua trasformazione, la sicurezza della sua incoerenza.

A New Orleans il giorno è appiccicoso, un battello fa girare la sua ruota rossa su un Mississipi così stranamente denso. Un bambino è fermo di fronte ad un carretto a fissare un pezzo di latta luccicante. Si guarda attorno e con una mossa felina lo prende e scappa. E’ una cornetta, ma il pistone centrale è rotto. Prova a soffiarci dentro ma non ne cava nessun suono. La porta ad uno zio che gli dice di fare il suono come di pernacchia. Il bambino prima ride e poi comincia a suonare la cornetta. Giorno e notte. Ma c’è sempre quel pistone rotto. E allora si inventa un nuovo suono, un nuovo genere, tutto improvvisato, il jazz.

Questa storia di Louis Armstrong è vera o è falsa? E’ vera e falsa insieme, poco importa. L’importante è che rimane una storia, mobile, memorabile, viva.

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