Radio Bullets – Camilla che mescola i sogni

Una donna che entra in una stanza porta con sé tutto il suo passato. La storia di Camilla.

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Una donna che entra in una stanza porta con sé tutto il suo passato. A volte succede. A me è successo. A Copenhagen. Una donna entra con il suo passo spedito, sorride, prende una tazza e la riempie di caffè premendo forte due volte sulla testa nera del thermos, si avvicina e si siede.

Questa donna, Camilla, ha quella sicurezza delicata e tutta svedese di un personaggio di Strindberg. Che mica lo conoscevo Strindberg, è lei che mi ha consigliato di leggere Miss Julie, che affronta la vita con un rasoio.

Camilla entra nella stanza e non puoi dire la differenza tra sogno e veglia perché si mescolano e il frutto è dolce.

Un giorno di dieci anni fa Camilla si sveglia nella sua casa al lago, vicino a Stoccolma. Ha la testa che gira perché ha appena lasciato il sogno più vivido della sua vita.

Un uomo con una camicia azzurra si era ferito un occhio perché da una impalcatura era caduta una chiave inglese che l’aveva colpito. L’uomo stava seduto premendo la mano sull’occhio e Camilla le si avvicina. Lui le dice che sta bene, che non è niente e dall’alto un uomo grida che sta scendendo. Ma Camilla e l’uomo dall’occhio ferito sono già andati via. Quando Camilla si è svelgiata nella sua casa al lago, il sogno era continuato. Rimase a letto per altri minuti seguendo lei e l’uomo ferito lungo le strade di Stoccolma. Decise di scrivere quel sogno su un quaderno.

Un’amica di sua madre le disse un giorno di scrivere tutti i sogni che faceva perché sono la realtà. Più li scrivi e più ti diventeranno utili, le disse. Se li scrivi e tieni traccia della distanza temporale tra il sogno e ciò che accadrà nella realtà, potrai avere la misura della tua predizione.

La notte successiva il sogno continuò. L’uomo dalla camicia azzurra salì nell’auto di Camilla e le disse dove andare. Guidarono per tutto il giorno e l’occhio sembrava già guarito. Alla sera si avvicinarono ad una casa. Camilla si svegliò e scrisse tutto.

La terza notte Camilla sapeva che il sogno sarebbe continuato. Aveva avuto una giornata stressante perché un collega l’aveva raggiunta nella sua casa di vacanza per terminare un lavoro urgente per un cliente americano la cui nave dalla Cina era stata attaccata dai pirati e la merce, migliaia di computer, era andata persa. Molto dopo mezzanotte Camilla si addormentò.

Scesero dall’auto e cominciarono a camminare. Era buio. L’uomo dalla camicia azzurra le prese la mano e Camilla con stupore si trovò nella sua casa al lago, con il suo tavolo e la piccola barca, la sedia a dondolo e il tubo di scolo ancora da riparare. Entrarono e due ragazzi stavano guardando la tivù. Si svegliò. Scrisse tutto e tornò a Stoccolma.

Un anno dopo, era il 10 maggio, Camilla stava andando a prendere sua figlia all’asilo. Erano quasi sei mesi che non si vedeva un sole così e sembrava che tutta la città si fosse riversata sulle strade. Ma Camilla era in ritardo e non riusciva a passare. Prese un’altra via, stretta e all’ombra di alti edifici. Come previsto, non c’era quasi nessuno e Camilla poté accelerare. Ma prima dell’ultima curva trasalì. Sul marciapiede alla sua destra stava seduto un uomo con una camicia azzurra che si teneva l’occhio sanguinante e un altro uomo dall’alto dell’edificio gridava. Camilla scese dall’auto. Sapeva cosa fare.

Quell’uomo invece non sapeva nulla. Non sapeva che Camilla conosceva il suo, il loro destino. Quell’uomo oggi è il padre di due figli di Camilla.

“La differenza fondamentale tra lo stato di veglia e il sonno, dice Borges, risiede nel fatto che l’esperienza onirica è qualcosa che può essere generato, creato da noi. Quando si sta creando una poesia, c’è poca differenza fra essere svegli ed essere addormentati, è come se fossero la stessa cosa”

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