C’era un tempo in cui la nostalgia faceva capolino da ogni buco lasciato scoperto nella libreria.
Prendevi Fiesta di Ernest Hemingway e la trovavi lì dietro. Scappava giù una foto di Jesolo e lei lì a guardarti. Sistemavi il libro di Emily Brontë che ti eri preso per cercare di capire che cosa non andava, e lei -la nostalgia- era pronta a nascondersi come dietro a un manichino di De Chirico in una Ferrara più arida di quello che è in realtà.
La nostalgia non ha rughe. E’ meno consapevole di te adesso. La nostalgia ha ancora i tuoi tratti ma sono più leggeri, delicati, come baciare labbra inesperte. Ti guarda fisso ma non ti sta dicendo niente. E’ lì perché eri tu. E ti scala mezzo sorriso perché tutto sembrava di un altro colore e immobile.
Sabato mattina. Uscire di casa in camicia e sentire l’aria che ancora un po’ pizzica ma è calda. La nostalgia la porta il vento.
Eppure il tempo della nostalgia svanisce con le cose. Se prima ti si appiccicava sulla pelle, sui venti, ventidue anni, ora a trenta te la sei levata di dosso perché gli eventi li crei tu, non ti lasci fare più di tanto. Non so se è un bene, ma è così.
Poi ti ritrovi con quel libro ancora in mano. Sfogli la carta un po’ ruvida di polvere. La rilegatura è croccante alla prima pagina. Lo chiudi, lo riposi e riempi il buco lasciato nella libreria.
Per la nostalgia c’è sempre tempo, oggi no.