05/01/2012

O sei dentro o sei fuori. Intervista a Alessio Pisanò

Alessio Pisanó è di Verona. Si è laureato in Giornalismo all’Università di Verona. Non ha ancora compiuto trent’anni ed è giornalista per Il Fatto Quotidiano, oltre che per altri magazine e alcuni siti.

Alessio vive a Bruxelles da tre anni ormai. È partito dopo la laurea per il deserto di possibilità che offriva il mercato del lavoro giornalistico italiano.

C’ha provato. E ha deciso di partire.

Alessio, la domanda sembra banale, ma perchè sei partito?

Curiosità e voglia di sapere di più del programma europeo. Sono sessant’anni che c’è, ma se ne parlava poco prima della crisi attuale.

Com’è lavorare a Bruxelles?

Qui a bruxelles mi viene dato più peso che non in Italia. Sia come giornalista che per altri lavori. Ti dico, ho la fortuna di collaborare con realtà italiane che credono nei giovani. La redazione de Il Fatto Quotidiano web è fatta tutta di giovani della mia età. Quindi non tutte le realtà italiane sono da condannare.

Anche prima di questa crisi a Bruxelles le occasioni e le possibilità venivano da sole. Trovi un lavoro e poi ne trovi altri una volta che hai cominciato. In Italia invece sembra più un deserto, o sei dentro o sei fuori. In Belgio se hai voglia di lavorare e sei mediamente in gamba e intraprendente passi da un lavoro ad un altro fino a che trovi quello che ti soddisfa. C’è più mobilità insomma.

Che cosa ti aspettavi quando sei partito?

Sono partito per vedere com’era e non sapevo che sarei rimasto 3 anni. Ne avevo 26 e non progettavo a 5 anni.

Ho cominciato con uno stage di tre mesi in una associazione giovanile a Bruxelles. Stage non retribuito trovato su internet da segnalazione di una amica. Uno dei mille stage, insomma. Dopo invece ne ho fatto uno molto bello al Parlamento Europeo.

Cosa consigli ad un giovane laureato in Scienze della Comunicazione italiano?

Di studiare all’estero. L’università all’estero ti dà generalmente piú possibilità. Se sei già laureato, il consiglio è di non partire senza averci prima provato in Italia. Se in Italia non va, investi in uno stage o in generale in una esperienza all’estero. Un po’ di gavetta, si sa, bisogna farla.

Torni?

Tormeró, ma non ad ogni costo.

La cultura anglosassone del lavoro gira attorno al rischio e quindi al merito. Tu domani puoi perdere il lavoro e dopodomani trovarne un altro. Noi invece paghiamo la cultura dei nostri genitori del lavoro a tempo indeterminato come fosse la migliore delle opziomi. Cosa ne pensi?

Ti rispondo con un racconto breve di Antonio Menna, un giornalista napoletano, uscito un paio di mesi fa. Se Steve Jobs fosse nato a napoli. Puoi leggerlo qui.

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