Radio Bullets – Giulia sa che i fiumi portano via le cose

Il podcast della puntata di La Storia della tua Mappa del 08 08 2016 per Radio Bullets

Parlava delicatamente, muoveva le mani delicatamente, camminava in modo talmente delicato che ad ogni passo i suoi piedi facevano un suono sordo quasi inconsistente come quando si getta una carta da gioco sul tavolo.

Si chiamava Giulia e aveva deciso di lasciare Ferrara per Milano. Suo padre era contrario. Lavorava nel reparto ustionati del vicino ospedale e in casa, nonostante le docce a strofinarsi alacremente con il sapone liquido alla lavanda indiana che sua moglie gli prendeva al mercato alla bancarella della Ida, diffondeva sempre un odore di bruciacchiato. La madre invece, con il suo viso impallidito dagli anni allo sportello del Caf e i folti capelli raccolti da una molletta di avorio intarsiato ricordo di un’estate di vento a Capri sul finire degli anni 70, la incoraggiava perché “il tempo scorre incessante come l’acqua” ripeteva mentre il marito e la figlia sbuffavano in silenzio. Ma l’acqua le mancava davvero a Milano perché è faticoso vivere in una città senza fiume. Le città senza fiumi sono incomplete.

A Milano Giulia lavorò per due anni come illustratrice. Seduta alla sua scrivania, se ti capitava di passarci accanto e sbirciare le sue illustrazioni, non capivi bene se quelli erano petali di anemone o una tempesta in mare e proprio in quel momento lei prendeva la matita 8B e segnava i contorni con tutta la forza che aveva in corpo e ne usciva a volte un fiore, altre un nubifragio. A Milano conobbe Tim e con lui le cene alle sette guardando fuori dalla finestra i mattoni ocra delle case di fronte passavano svelte come le serie tv su Netflix.

Ma lo scorso agosto, tornata a Ferrara per raccogliere fiori di sambuco, cuocerli, filtrarne il succo porpora, mescolarlo all’amido e usarlo come colore per alcune stampe di anemoni giganti su vestiti di cotone bianco, tra un ramo fucsia e l’altro rivide un suo ex, Marco. E Marco non si trovava soltanto nella stessa pianta a raccogliere fiori di sambuco, ma negli stessi trentacinque anni che non sono mai stati tanto indecisi, di un’indecisione che è diventata un’abitudine.

Le si avvicinò piano appoggiando la punta del piede su un ramo scricchiolante ma delicatamente e in modo così familiare e le sussurrò “l’indecisione, come l’alba, bisogna abituarsi a sentirla”. Giulia fece di si con la testa e tornando a casa si fermò a guardare il Po. Non ci torno a Milano perché ho bisogno di te, disse. Il fiume porta via le cose.

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