La Strada (Einaudi) di Cormac McCarthy è il romanzo più minimal che abbia mai letto.
Non c’è una sola parola in più. Non una in difetto. Sono semplicemente giuste, bilanciate, riga dopo riga. Perfette.
La storia è una tragedia senza speranza. Padre e figlio camminano verso una certa destinazione imprecisa. Non c’è niente e non c’è stato niente. Solo cenere, un po’ di pioggia, il mare nero. Non si sa perchè. E’ così e basta.
La Strada va letto perché come spesso capita, rimpinguare da una parte fa scatenare l’altra con forza doppia.
Più si fa buio, più hai voglia di luce. Tanto è caduco il mondo, quanto hai voglia di vita.
Il figlio porta il fuoco. E qualunque cosa succeda, questo non cambierà mai. Lui porta il fuoco.
Ieri a Verona parlo con amici e mi accorgo che portano il fuoco. A Vicenza domenica il mago Condilo porta il fuoco. A Milano gli universitari all’appartamento Lago con occhialoni grossi quanto la voglia di nuovo che hanno portano il fuoco.
Tu porti il fuoco.
E qualunque cosa succeda, qualunque struttura cerchi di spegnerlo, fregatene.
Tu porti il fuoco, questo non cambierà mai.