Questa foto racconta tante, tante cose. Questi sono i ragazzi di terza media della nostra scuola parentale a Mezzane di sotto (Verona). Siamo partiti con loro tre anni fa. Erano appena usciti dalle elementari e adesso eccoli qui.
Perché questi ragazzi sono unici? Perché tutto il giorno gli insegnanti della nostra scuola puntano ad insegnare attraverso la relazione. è un lavoraccio. Molto più facile stare seduti dietro alla scrivania e impartire nozioni. Ma in un mondo di Intelligenza Artificiale, a cosa serve?
Insegnare, o meglio accompagnare gli studenti verso la conoscenza invece è tutt’altro lavoro. Servono classi piccole (le nostre classi non superano i 13 studenti), molta creatività, lasciare che i bambini e i ragazzi trovino il proprio posto in aula come lo trovano nel mondo. E permettere loro di provare, sbagliare, riprovare, sbagliare ancora.
Questa è autonomia.
Non ci piace l’idea verticale di un insegnante che richiede lo stare seduti sulla sedia, imparare a memoria, ripetere come un pappagallo. Basta usare un qualsiasi tool di intelligenza artificiale (ad esempio ChatGPT) per capire che non domani ma già oggi la nozione imparata a memoria non serve.
Serve nella misura in cui la so collegare ad altre informazioni. Quindi il vero nodo è imparare a connettere i puntini. E lo si sa fare solo se si pensa out of the box e in maniera integrata. E non dividendo i saperi in materie e corsi.
Quando parlo con amiche maestre e amici maestri mi stupisco del fatto che non usano l’AI. Nel mondo del lavoro ormai nulla esiste senza Intelligenza Artificiale.
Rendiamo la scuola più come una università in cui lo studente sceglie, decide, è reso autonomo.
Queste sopra sono i ragazzi con cui siamo partiti. Sono facce da terza media. A me fanno commuovere.