(questo primo paragrafo è personale, leggilo solo se ne hai voglia, altrimenti salta al secondo, non cambia)
A dodici, tredici anni volevo fare il redattore a The Games Machine, rivista milanese di videogiochi per computer.
Zzap lo guardavo con un po’ di nostalgia e tgm aveva un tiro molto più fresco. C’era Stefano Gallarini (ora a radio24) e mi gustavo quella rivista ogni mese riscrivendo articoli in matita su fogli a quadretti, mettendo il voto da 0 a 100 (diciamo da 50 a 98) e infilandoli nella rivista come fossero veri.
Mio fratello Andrea è del ’72 e oltre ai Depeche Mode, i Cure e i Tears for Fears mi ha fatto conoscere l’MSX di Toshiba, rivale del più famoso Commodore 64.
Comperavo le cassette in edicola (c’erano le cassette), tornavo a casa, scrivevo load cas r sulla tastierona nera, aspettavo qualche decina di minuti e poi il giochino partiva.
Poi venne l’Amiga e Sensible Soccer, poi il 386 con Ultima, il 486 con Day of the Tentacle e infine la fame videoludica si spense.
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I videogiochi sono la realta semlificata e perfettibile.
Semplificata perche puoi fare solo un certo numero di azioni.
Non importa se parliamo di Pong, Supermario o World of Warcraft.
Il videogioco non è mai complicato, piuttosto è complesso.
Un paragone. La serie Lost era complessa. E affascinante. Quando è diventata complicata ha perso il suo fascino.
Perfettibile perche la realtà nel videogioco può assumere un numero incredibile di facce, ma non sono mai infinite, quindi controllabili.
L’avatar che comandi può fare di tutto, ma non tutto.
I videogiochi sono la realtà che vorremmo.
Tu a che videogioco vorresti giocare?