Hemingway non lo freghi

Probabilmente è il miglior libro scritto nella prima metà del XX secolo.

Un inizio spavaldo. Eppure lo credo veramente: Fiesta di Hemingway li batte tutti.

Proprio in questi giorni a Pamplona si festeggia Los Sanfermines, feste del patrono.

Durano una settimana, ma la giornata calda è sicuramente l’Encierro con la sua corsa folle di quasi un chilometro braccati dai tori.

Fiesta ti porta proprio a Pamplona, e nel romanzo l’encierro e la fuga dai tori scatenati sono un po’ la metafora della vita secondo Hemingway.

Il libro è del 1926, ma come accade con pochissime altre storie, vedi il Don Chisciotte, le parole stanno lì senza tempo. Il libro si consuma, qui ne ho una copia dell’89 nella versione Newton Tascabili. Tremila e novecento lire. Si consuma ma le parole sono lucide, nuove.

Il titolo originale è ancora più malinconico: The sun also rises. E’ quell’also a far tremare.

T.S. Eliot poi propose di cambiarlo in Fiesta per la versione inglese, e da lì rimase.

Ernest Hemingway se ne va nel 1961 sparandosi in bocca con il suo fucile. Come il padre, si suicida. Una fine epica. Un’altra.

Dopo Fiesta, pubblicò Addio alle Armi nel 1929 e Morte nel pomeriggio 1932. In sei anni insomma, riscrive un certo tipo di letteratura americana.

Il vecchio e il mare gli valse il Nobel, ma già era ultrafamoso e corteggiato.

Rimaniamo a metà anni 20. Ha paura, scappa dai tori impazziti, la terra è bruciata, aspra come lo è ancora qualche locale basco a San Sebastian o nella bellissima Bilbao.

Fiesta non è una storia d’amore, è la cronaca delle spaccature della vita. E’ un libro terroso come pochi, non c’è tanta acqua, si respira a fatica. Si aspetta. Poi quel finale, quell’ultima frase detta da Jake è una frustata, è il distacco dalla Storia, come non ci fossero appigli per l’esistenza.

Eppure va avanti, la cosa incredibile è che va sempre avanti.

Non lo freghi mica Hemingway.

(foto di Iker Serrano)