storia di Sara

Un’amica mi ha raccontato la storia vera di una ragazza.

Sara è moldava. E’ in Italia da 5 anni. Non vede sua figlio da 5 anni. Questa è la storia di Sara.

Nel 2005 Sara decide di lasciare la Moldavia per l’Italia. L’unico modo per arrivarci era affidarsi ad una agenzia clandestina.

Con un passaporto falso di una ragazza che le assomigliava, è partita con un’altra ragazza, anche lei Sara, dentro ad un furgonico “che sembrava un bunker”, come lei stessa l’ha definito.

Nelle ore dentro al furgoncino, Sara ha cercato di imparare a memoria la vita della ragazza di cui aveva il passaporto. Il suo vero passaporto lo nascondeva dentro al reggiseno.

Alla frontiera, le guardie fecero scendere le ragazze, controllarono i passaporti, e le beccarono. Trovarono i passaporti nel reggiseno e le chiusero in cella.

Passarono dei giorni in galera.

Uscirono con un foglio, un timbro, qualcosa che attestava l’impossibilità di mettere ancora piede in Ungheria per almeno 3 anni. Si trovavano alla frontiera con la Romania. Ma loro non sono romene, sono moldave, e non sapevano cosa fare.

Chiamarono l’agenzia clandestina che le ripescarono e le tennero in uno stanzino.

Diedero loro da mangiare. Buttavano sul letto il piatto “come fossimo degli animali”.

Le ricaricarono su un furgone. Sara aveva paura che le facessero del male, e invece le riportarono in Moldavia senza toccarle.

Passarono dei mesi.

Due amici moldavi che vivevano e lavoravano già in Italia assicurarono a Sara un impiego sicuro. Doveva solo venire in Italia.

Sara non poteva venirci via terra, quindi chiese molti prestiti per comprare il biglietto aereo.

Atterrata in Italia cominciò subito a lavorare come badante.

Passarono i tre mesi di soggiorno turistico e Sara diventò clandestina.

Sara ha cominciato a spedire pacchi a suo figlio con dentro dolci e una lettera.

Le dicono che suo figlio diventa matto quando sa che c’è un pacco per lui, e vuole uscire da scuola e correre a casa ad aprirlo.

Da cinque anni Sara aspetta il permesso di soggiorno. Meno di sei mesi fa le arrivò la comunicazione che avrebbe ricevuto il permesso.

Sara lo sta ancora aspettando, ma è sicura che arriverà per l’estate.

Sara potrà tornare in Moldavia e rivedere suo figlio, che oggi ha 7 anni e che non vede da 5.

La storia è a lieto fine. Ma la cosa impressionante è l’umiltà di questa ragazza. L’ho conosciuta anch’io di sfuggita. Beve il caffè in un angolo, senza muovere un muscolo di troppo. Parla piano e misura ogni sillaba. Parla bene l’italiano, ma quasi sottovoce, per paura di sbagliare.

Non saprei catalogare qusta storia. Sara non è una storia. Qui parliamo ultimamente di downshifting. Questa storia un po’ lo è. E’ un’ambizione. Oppure una necessità.

A volte sembrano la stessa cosa.