Quel mostro di mutuo

– Si, mi piace quello che scrivi sul blog, ma al 23 del mese arriva la rata del mutuo.

Il mutuo. Mutuo. Questa parola che risuona come eco tenebroso nella grotta verso il centro della terra. Ce l’avesse avuto Edgar Allan Poe, il mutuo, sarebbe stato il protagonista di un suo racconto.

Ha ragione, la mia amica, a dire così.

Se lavori da freelance, se fai downshifting, se cerchi di vivere di creatività, libertà, la banca non è molto contenta, e va a finire che non ti concede un prestito per comprarti la casa. Oppure te ne concede uno piccolino per cui non puoi avere il giardino, o il terrazzo, o stare lì dove ti piace.

Allora cosa fare?

Parlo con amici e nove su dieci cercano il posto fisso. Credo sia un retaggio culturale italiano. Negli Stati Uniti è normale cambiare lavoro / casa / città tre volte in dieci anni.

La mobilità per noi è più difficile. C’è la famiglia, che ti dà sempre una mano. Per cui andartene lontano è un po’ come fare un torto.

Chi ha ragione?

Perché fa così paura? Perché la mobilità è una condizione così spaventosa? Perchè non dà ancora più forza di provare, riprovare e riprovare ancora?

Se non trovi lavoro, pensi sia veramente così insidiosa la vita da freelance?