Mancalacqua
Capitolo 3
Il sindaco Achille Casavecchia incorniciò la foto e d’accordo con Don Isabelle, il prete pasciuto dal nome femminile, la pose di fianco all’altare della chiesa. Poi celebrò le nozze seguito dal sacerdote.
Finì che Primo e Jolanda andarono ad abitare felicemente nella carovana con le sette scimmiette annoiate e l’asinello assicurato all’albero.
Ma torniamo alla nostra storia.
La folla urlava, qualcuno doveva infilarsi nel buco e capire se quella balena avesse avuto intelletto o fosse finita lì a bloccare il corso del fiume per puro caso o “per segno divino”, come aggiunse Don Isabelle.
I piedi dei paesani erano ormai in ammollo e il sindaco Casavecchia cominciava a precoccuparsi per la sua popolazione.
Come scongiurare una nuova Atlantide?
Come spostare quella grande pesciona?
Chi infilare dentro al buchino in testa?
«Primo! urlarono tutti, Primo, vacci tu!»
Primo uscì dalla folla. Jolanda lo guardava. “Ce la puoi fare”, sembrava gli stesse dicendo.
Il contorsionista salì le scale traballanti che portavano alla sommità della pesciona. Trattenne una mano sulla bocca per l’odore. Scese dalle scale e prese la mano di sua moglie. Si rivolse al sindaco
«Cosa avremo in cambio?», chiese.
«Niente!» sbottò il sindaco, lo fai per la comunità che ti ha così amorevolmente accolto!
«Col cavolo!» ribatté Primo, che certo non la mandava a dire. La folla borbottava.
«Dagli la casa del pastore che è morto!», non si capì chi lo disse. Ma Michele il pastore era davvero morto e la sua casa era davvero abbandonata.
«La casa ci sta bene», rispose Primo tenendo stretta la mano di sua moglie.
«Quella casa appartiene a me!», disse un omino piccolo facendosi avanti tra la folla. Era Michelino, il barbiere gobbo del paese, un tipo a dir poco irascibile. Aveva lame scintillanti al posto delle unghie e faceva molta paura ai bambini.
Michelino era il figlio del pastore Michele e di fatto la casa spettava a lui. Ma al barbiere piacevano scommesse e indovinelli. E si dice avesse perso una fortuna al gioco.
«Potrai salire su quella scaletta», disse Michelino gesticolando con un paio di forbici in mano,«e vivere nella casa del mio babbo solo se indovinerai questo quesito».
Primo Pasini guardò il sindaco, che annuì sistemandosi i baffi.
«Così sia!», disse infine Achille Casavecchia. «Se indovini l’enigma del barbiere e ti tuffi nella testa della pesciona, la casa del pastore morto sarà tua!»
«Sempre che tu ne esca vivo», aggiunse Michelino.
Primo era pronto. Si snodò come solo lui sapeva fare attorcigliando le braccia tra le gambe e la testa sotto alle ascelle.
Michelino sghignazzava e si sfregava le mani. Sembrava che la sua gobba si fosse ingobbita ancora di più.
Ecco l’enigma proprio come lo pose il barbiere:
Il primo uomo sulla Terra sapeva poetare e capì che il fiume si era prosciugato.
Adamo il suo nome ma Giona quello che scelse: somma le sue lettere in italiano e avrai il numero fortunato.
Da quella cifra sottrai i bimbi fotografati, ti rimangono tre scimmiette e il risultato.
Michelino rideva sapendo che nessuno avrebbe trovato la soluzione, e tanto meno Primo.
Il contorsionista si concentrò, pensò a lungo e infine rispose.